Cannabis autofiorente: i 5 errori da evitare in fase di coltivazione

La cannabis autofiorente, negli ultimi anni, ha acquisito una forte popolarità. Il motivo principale riguarda il fatto che, crescendo senza alcun vincolo con la stagionalità e l’esposizione alla luce ma solo sulla base dell’età, le piantine sono l’ideale per chi vuole raccolti soddisfacenti senza bisogno di investire troppo e, soprattutto, senza rischiare che i tipici errori da principiante rovinino tutto.

Con semi facilmente acquistabili anche online – Fast Buds è uno degli e-commerce più famosi – la coltivazione della cannabis autofiorente può essere gestita in maniera più agevole se, prima di iniziare concretamente, si è a conoscenza di alcuni errori che è bene evitare. Nelle prossime righe, ne abbiamo selezionati sette fra i tanti.

Trascurare i cicli di luce

La cannabis autofiorente, come già accennato, cresce sulla base dell’età, con tempi di fioritura estremamente ridotti (si può arrivare, in alcuni casi, anche a 6 settimane). Nonostante questo, i cicli di luce hanno comunque la loro rilevanza. Pensare che le piante di cannabis autofiorente possano essere lasciate al buio per tutto il tempo che si vuole, è il miglior modo per dire addio alla qualità del raccolto. L’orientamento dei breeder in merito è molto chiaro: le due opzioni preferite dagli esperti quando si parla di cicli di luce sono lo schema 18/6 e il 24/24. Il secondo è chiaramente molto oneroso economicamente nei casi in cui si procede con la coltivazione indoor.

Utilizzare vasi troppo piccoli

Soprattutto quando si coltiva indoor, utilizzare vasi piccoli per le proprie piante di cannabis autofiorente è un errore che può costare caro in termini di qualità del raccolto. Il motivo è molto semplice: in un vaso non sufficientemente grande, le radici non hanno lo spazio adeguato per svilupparsi. Il risultato? La crescita delle piante che dopo un po’ rallenta. Se si considera che, rispetto alle fotoperiodiche, le piante di cannabis autofiorente sono di dimensioni di base molto più contenute – sono ibridi contenenti la varietà ruderalis, originaria della Siberia e con un corredo genetico tale da consentirle di crescere poco e in fretta – è davvero un peccato correre il rischio di ottenerle ancora più piccole. Alla luce di ciò è bene dare il via alla propria coltivazione con un vaso dalla capacità compresa tra i 7 e i 15 litri.

Rinvasare le piante

Le piante di cannabis autofiorente non devono essere rinvasate. Il loro ciclo di vita è estremamente breve. La procedura di rinvaso risulterebbe quindi troppo stressante. Molto meglio è partire subito con il vaso definitivo, da scegliere tenendo conto dei criteri di capacità dettagliati nel paragrafo precedente e senza trascurare il materiale. A tal proposito, ricordiamo che i vasi in tessuto possono rivelarsi un’ottima scelta per ottimizzare lo sviluppo delle radici e per evitare che marciscano.

Lasciarsi prendere la mano con l’acqua

Moderazione: ecco la parola d’ordine quando si parla dell’irrigazione delle piante di cannabis autofiorenti. Soprattutto nel corso della fase vegetativa, è nodale evitare di lasciarsi prendere la mano con l’acqua. Attenzione: questo non vuol dire guardare all’eccesso opposto. Il terreno di crescita della cannabis autofiorente, infatti, non deve mai essere completamente asciutto.

Non scegliere il momento giusto per la raccolta dei fiori

Chi sente parlare della cannabis autofiorente e della sua semplicità di gestione, è convinto che, in virtù di quanto appena specificato, si possa gestire a piacere la raccolta dei fiori. Assolutamente no! Esiste un momento che, secondo gli esperti, è migliore degli altri. Per capire quando arriva, bisogna considerare soprattutto un aspetto: il colore dei tricomi. Quando questi ultimi hanno assunto una cromia che è quasi totalmente color ambra, vuol dire che è arrivata l’ora della raccolta. Procedere in momenti differenti espone al rischio di un raccolto scarso dal punto di vista della quantità di cannabinoidi.